08/12/10

ESSENZIALE, DUNQUE

Mi sono prefissato tempo fa di comporre delle righe decenti per voi lettori, ma come d’incanto la quotidianità è riuscita a rubarmi tutto il tempo, a costringermi e a catturare ogni mio buon intento, fino a spingermi ai limiti utili per la consegna.
Quello che avete fra le mani dovrebbe essere il mio racconto breve, in corsa per il decimo Premio Nazionale di Narrativa Essenziale; sarò essenziale, dunque.
La mia vita recente si è svolta e dispiegata in tutte le sue varianti e possibilità nell’unica cornice, devo dire per nulla pittorica, delle strade e delle piazze di Brescia e provincia, fra dialoghi improbabili, incontri inaspettati e legami del passato. La mia ultima, recente fetta di vita è stata una sorta di navigazione su mari sconvolti, con unico mezzo una zattera malmessa e le mani, per remare.
Comincia, questa piccola serie di eventi, la sera del primo di Settembre, il mio grosso e vivo Settembre, al lume sbarbellante di un interno, scala B, condominio Bridge. Bridge significa ‘ponte’ e si dice in giro che da quel ponte per la vita ci si siano lanciati in molti. L’atterraggio seguente il salto è morbido, senza sostanziali pericoli, provocati solamente dalla propria personale noncuranza nel compiere il gesto. Per una perfetta realizzazione del salto spingere indietro le braccia, flettere i muscoli delle gambe e balzare in avanti pieni di sicurezza in sé stessi, dimenticando tutto e tutti, nel pieno delle proprie forze, convinti.
Saltai, dunque, mentre poco prima in mia compagnia si dispiegavano sul muretto antistante la scala B nel seguente ordine Pi, diminutivo di Pietro, Pietro, diminutivo di Pietropaolo, Bongo (l’amico immaginario di Pietro), Pierpappa, prolungamento di Pier che asseconda la sua eterna fame e Angelo, diminutivo di Giuseppangelo.
La massa informe e scoordinata che le loro figure avevano composto davanti ai miei occhi seguitava ormai da ore a cercare di convincermi a saltare.
-Che aspetti? Salta!!
-Non saprei, dite che sia il caso?
-Certo che lo è! Non siamo mica venuti fin qui per guardarti rinunciare!! Buttati!
E così mi buttai.
Mentre percorrevo le scale in discesa, sino alla lavanderia, mi stringevano la mente tutte le considerazioni fatte i giorni precedenti in materia di salto, agitando ancora di più il mio percorso di redenzione. Il pensiero più ridondante e insistente riguardava quella sensazione che si prova quando, dopo aver tentato qualcosa, qualsiasi cosa, ci si rende improvvisamente conto della malriuscita dell’operazione. Ci si sbilancia, si ripercorre mentalmente il maledetto errore, analizzandolo in tutte le sue sfumature di significato, si prende coscienza della propria paura.
Ma io dovevo buttarmi, dovevo necessariamente saltare; così saltai.
Di fronte a me (fu un attimo) la lavanderia, con la sua porta di ferro sgarrupata che tratteneva a stento i suoi segreti.
Aprendola diventava tutto quanto poco; ogni cosa dell’universo era nulla verso quella decisa, ripugnante, lebbraiola e crudele messa in scena di maleodoranti odori. In un infinito secondo il naso s’ impregnava di ogni schifo lì presente.
Nemmeno io sapevo, nemmeno io avevo compreso: lì vi era tutto ciò che consisteva nel magnifico ‘salto’. Restare sull’orlo di quell’ingresso, assaggiare per poco tutto il brutto della vita significava purificare non i nostri peccati, bensì la nostra essenza; essere da quel momento in poi tutto ciò che sei.
Un qualcosa.

Un qualcosa?!?
No…questa storia non può funzionare, che cos’è il ‘salto’?
Non c’entra nulla un racconto su un salto con l’essenzialità. Devo ricominciare, ma devo partire da un altro punto di osservazione. S’era rimasti alla zattera, con le mani per remare, di settembre poi; anzi, Settembre. La cornice temporale è sempre presente e importante in un racconto breve, ma soprattutto Essenziale.
Settembre.
Io. P. Pietro. Bongo. Pierpappa. Angelo.
Alla scala B, proprio lì di fronte, si giocava a Uno. Il gioco più essenziale della storia.
Pierpappa mangiava, tanto, come al solito. Lo si chiamava Pier-pappa per via della sua incontenibile insaziabilità, accompagnata da una malcelata incapacità ad abbinare pietanze in maniera commestibile.
Tutti noialtri invece si mangiava essenziale; colazione, pranzo, merenda, cena, senza che ci si spettinasse un capello. Così, essenziali, decisi, calcolati.
Cambierei a questo punto anche lo scenario: Brescia è una città modesta e caotica, contraddittoria, piena di rotatorie. Poco essenziale.
Facciamo Rò. Provincia nebbiosa di Milano. Non ho la più pallida idea di come sia Rò, ma è il nome più essenziale che mi sia affiorato dalla memoria.
Rò, Settembre, scala B, condominio Bridge (che vuol dire ponte). Ma senza nessun ponte in nessuna lavanderia, che già abbiamo capito essere una situazione non adatta al nostro racconto di breve essenzialità.
Si stava lì e si parlava. Di cosa? Di salti no, di lavanderia nemmeno, di Essenzialità, ma non vorrei risultare ridondante. Facciamo che si parlava di cantanti gallesi sull’orlo dei settanta che mantengono comunque stile e una grande, profonda voce. Si stava lì e si desiderava, essenzialmente, di poter un giorno accarezzare il sogno di essere cantanti mostruosi. In Galles.
Certo, come se il Galles fosse meglio della scala B di fronte alla quale consumavamo la nostra serata! Non può funzionare…niente Galles, niente cantanti dalla voce potente.
Dunque si stava lì. Si stava lì e si era essenzialmente essenziali.
Poi uno di noi attaccò con una storia. La storia di un piccolo esserino, un omuncolo dalle braccia troppo lunghe per le sue gambe corte, che quasi poteva camminarci con le braccia che si ritrovava, poverino. Questo omuncolino abitava nei sotterranei di una città grandissima, con palazzi di cinquemila piani e luci a tutto spiano, taxi volanti e roboanti, metropolitaniche strade a quaranta corsie. Usciva di rado dalla sua tana, solo per bersi un caffè all’angolo della trentesima strada o per comprare il giornale, di fronte alla stazione della metro blu.
Viveva così la sua vita, nel silenzio sottostante il caos, di cui assaggiava ben poco. Passava il suo tempo a desiderare di essere come gli altri, tutti gli altri, quelli lassù.
Odiava i cantanti gallesi, secondo lui erano troppo profondi di voce.
Capitò una volta, scavalcando un piccolo muretto che separava lui dal resto del mondo, segnando il confine con il suo solitario sistema di pianeti, che incontrasse una piccola omuncola.
Si guardarono.
Si guardarono di nuovo, più in profondità, poi lui disse a lei: - Mi sa che hai le braccia un po’ troppo lunghe, signorina!-

Ma che diavolo di storia è?!?
Dove sono i mostri paurosi, gli alieni, i politici corrotti e gli alieni??
Gli alieni!! Sono fondamentali in una storia…soprattutto se la storia deve essere essenziale.
Voglio dire, se una storia vede al suo inizio una civiltà tranquilla, ordinata, sconvolta poi dall’arrivo di migliaia di orribili e crudeli alieni che vogliono sottomettere l’umanità intera e conquistare il pianeta, allora questa storia sarà essenziale.
Perché? Vi chiederete.
Perché se in un mondo bello e giusto, improvvisamente le cose non sono più giuste, ma sbagliate, contorte, finte, allora si rappresenta l’essenzialità della storia umana.
Da uomo in funzione della Natura, suo servo, a Natura serva dell’uomo.
Cambiamo allora storia. Niente più scala B, nessun settembre qualsiasi, nessun personaggio inutile.
Questa mia nuova storia Essenziale è un mostro di Essenzialità.
Questa storia nuova ha due personaggi, solo due: l’umanità e la Natura.
Essi vivevano in pace. Poi l’uomo iniziò a sottovalutare il loro rapporto, sfruttando Natura in tutti i modi possibili, la maggior parte dei quali fatti di dolorose rinunce.
Ci fu sempre meno ossigeno, meno acqua, meno animali; le persone iniziarono a morire di fame, a farsi le guerre per le religioni, per il petrolio, per l’acqua, per medicine che servivano a curare malanni causati dalle guerre stesse.
Natura soffriva, e con lei l’umanità.
Il prezzo delle rinunce e dello sfruttamento non tardò ad arrivare sul conto di entrambi.
Fu una guerra combattuta solo dall’uomo, contro se stesso, contro la sua natura, a convincere gli alieni a impossessarsi di tutto quanto, a stringere le catene ai polsi degli uomini e degli alberi rimasti, a conquistare il pianeta.
Gli alieni estirparono la vita, piano piano, un po’ per volta.
Essenziali, gli alieni.
Essenziali come deus ex machina.

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