La famiglia Bxxxxx, casa di storici latifondisti, possedeva una miniera di rame sulle montagne. Dopo varie e proficue speculazioni edilizie e, soprattutto, dopo le commesse statali di fornitura di rame durante la guerra, si erano decisi ad investire nella nascente elettronica. Gli analisti interpellati, tuttavia, lo sconsi-gliarono: era quello un mercato fortemente concorrenziale; avevan tutti fiutato i quattrini nell'affare, e la voce grossa la faceva chi s'era trovato, qualche anno prima, ad affrontare una guerra di impianti per telecomunicazioni. Partire con un gap del genere lo giudicavano azzardato.
Ma gli analisti non tenevano conto della storia di quella famiglia, tutt'uno con il destino politico dell'isola: un nome forgiatosi nelle imprese della Riconquista e rafforzatosi con l'amministrazione delle terre e delle genti; polo economico nel primo settore, gradito ai Colonnelli, per la discrezionalità e l'appoggio nella presa e - di più vitale importanza - nel mantenimento del potere.
Colonnelli che altrettanto gradivano il concetto di famiglia: l'apparato statale di quella nascente Repubblica fu prodigo fin da subito verso i suoi servitori; il mutuo aiuto nella continua lotta per la sopravvivenza, dove riesci a trovarlo se non in famiglia? Quei patrioti erano figli. La famiglia allora era cosa seria, il fulcro della civiltà. Da essa si formavano gli individui, che avrebbero convissuto nella famiglia più estesa della nazione e alimentato con i loro bisogni e abilità un circuito vitale. E ci voleva che tutti s'impegnassero in questa giostra, per la stabilità economica, per consumare; ne andava della vita del mercato, nostro fratello, che soddisfaceva tutti i nostri desideri. A patto peró che lo si alimentasse. E questo nostro fratello bastardo ha sempre avuto tanta fame... e avremmo tolto di bocca il pane ad un nostro fratello, sangue del nostro sangue?! Impossibile, non sarebbe stata la società civile per la quale ci battevamo...
Contro tutti i pronostici, una serie di certe credenziali permise all'outsider dei componenti elettronici di strappare un ottimo contratto alle emittenti della TV di Stato.
La Bxxxxxx, con uno stabile afflusso di introiti, iniziò ad espandersi: comprò varie concorrenti, creò un reticolato di piccole fabbriche e botteghe, così da ottenere il controllo su più segmenti produttivi; ampliò e sfaccettò la fornitura, alla quale ora si affiancava una vera e propria produzione. La trasmissione di onde audio-visive ormai era diventata una questione a due: Bxxxxxx Vs Stato (sarebbe un lusso quel “Vs”. In questa storia non possiamo permettercelo).
La tradizione paternalistica, antico retaggio romano, voleva dal padre discendere il giudizio: facoltà di interpretare l'esterno, per preservarsi virtuosi e illibati; il padre é la guida, il consiglio, la necessità: devi mangiare questo che fortifica, coprirti perché fuori fa freddo, giocare a questo gioco istruttivo piuttosto che al pallone. É ancora la famiglia, lignaggio e marchio, i cui componenti son vincolati da un legame granitico, indissolubile. Un padre non può rifuggire dall'onore/onere di tutela, non lascerà mai figli e nipoti allo sbando nel bosco infestato dai lupi, eserciterà costante controllo su di essi. Ne andrebbe della loro incolumità. Quale padre metterebbe volontariamente in pericolo la vita di un proprio figlio, sangue del suo sangue?! Impossibile, non sarebbe la società per la quale lottiamo...
Un duopolio (meglio).
I Colonnelli eran la voce; la Bxxxxxx le corde vocali, gli occhi, la mente ed i bisogni. I cittadini avevano eletto la Televisione quale intrattenitore per eccellenza, riempitore del loro tempo che da libero diventava vuoto. Maestra di vita: i bambini più irrequieti venivano sedati piazzandoli con un biscottino davanti alla TV; gli adolescenti capivano come vestirsi, le donzelle affinavano le loro tecniche seduttive; tutti imparavano a piangere e ridere. Con l'avvento della TV, le strade sfollavano di gioventù, solo i meno abbienti ancora si sbucciavan le ginocchia.
Un decennio più tardi, da Levante soffiavano venti di nuove proposte tecnologiche: virtuali mondi illusori, fantastici simulatori di realtà, dispensatori di poteri e volontà assoluti. L'immaginazione e l'onnipotenza infantile avrebbero trovato libero sfogo...
Ancora una volta gli uccellacci nostrani diedero aspre previsioni. Mossi da valutazioni socio-economiche quali l'alta natalità e la propensione dei giovani a unirsi contrattualmente in nuovi nuclei familiari, i costi di produzione bassissimi e la conseguente competitività di questi aggeggi, che, almeno per i primi dieci anni, avrebbe azzerato la concorrenza, calcolavano una mole di soldi mai vista prima, difficile pure a immaginarsela, ma facile ad intendere che sarebbe stato un pesante smacco alla TV. Anzi, proprio la TV favoriva il successo dei nuovi giochi, perché avrebbero attecchito su un terreno già arato, su menti già spappolate. Ciò non lasciò indifferenti i Colonnelli, che questa volta non rimasero sordi al richiamo degli analisti. Poiché notarono la svolta decisiva, la probabile erosione del consenso, insomma l'incommensurabile potere racchiuso in quelle scatolette magiche. Vitale diventava l'appropriarsene.
Il padre si mosse per comprare i giocattoli ai proprio figli. Bloccò alle frontiere tutte le merci in arrivo dall'Est, e stipulò vari accordi con le case produttrici di videogame - così si chiamava la minaccia -, per i quali esse cedettero interamente i diritti di distribuzione ad un'azienda del Paese, guarda caso la Bxxxxx. Prima dell'effettiva messa in commercio, alacri funzionari statali inventariarono tutta la gamma di giochi disponibile, al fine di scartare quelli poco convenienti e di farsi un'idea su ció che invece mancava per trasmettere virtù e ammaestramenti alle giovani utenze. Provvedettero alla traduzione e sostituzione dei nomi, rendendoli più familiari e accessibili, snaturando i contenuti originali, ag-giustandone la traiettoria, con risultati, a volte, a dir poco comici e desolanti; ma andava bene per lo scopo, abbisognava. Nelle passeggiate in bici ai bambini si fa indossare il caschetto, gomitiere e ginocchiere, a prevenzione di eventuali cadute; se ci s'accorge che la bicicletta ha qualche parte contundente, da buon padre, si limano gli spigoli, si rivestono di gommapiuma le parti in ferro. Ne andrebbe della loro incolumità, etc. etc...
Il Ludovideo diventò presto l'oggetto del desiderio di grandi e piccini. E sì, giacché non erano solo i bambini a impazzire per esso, pure i loro genitori non vedevano l'ora di regalarglielo. Per le mamme era una manna dal cielo: i figli rimanevano in casa e non correvano pericoli, si gestivano meglio; per i papà la possibilità di tornare fanciulli assieme ai propri, di rilassarsi e goderseli, dopo un'intensa giornata lavorativa nella cava ad estrarre il rame, o in qualche industria a fabbricare cip e cavi.
Man mano che il successo del Ludovideo cresceva, lo Stato faceva sempre più richiesta di giochi interattivi: oltre ai simulatori di sport, epoche passate e future, città da costruire, le case produttrici fornivano alla Bxxxxxxx programmi d'aerobica, seminari di cucina, taglio e cucito, lezioni di bricolage; pian piano si riuscì a ricreare un intero mondo possibile, la società civile che ci sforziamo di costruire. Il Ludovideo rosicchiava spazio reale, rendendolo virtuale e viceversa. La gente sullo schermo riusciva nell'illusione di essere ciò che si vuole, molto più allettante che trovarsi ad essere ciò che si é. C'erano certi giochi che ti permettevano di decidere che colore di capelli avere, di scegliere il modello del tuo naso; conducevi una certa vita, realizzavi le tue aspirazioni, e il denaro non mancava mai; non si invecchiava, non si moriva. Non una semplice seconda vita, ma la vita, quella “degna d'essere vissuta”; tutte le frustrazioni e i problemi di quella reale sfumavano via, senza accorgersene. Con il gioco Taberna anche il cibo potevi scegliertelo: un apposito casco da indossare durante il pasto rendeva delle inodori ed insapori barrette bianche gustose leccornie da tutte le cucine del mondo; gli alimentari chiudevano, la vendita di barrette era monopolio della Bxxxxxx. I negozi d'abbigliamento non se la passavano meglio: a che servivano, quando con Luxus possedevi una stanza del tuo villone adibita a guardaroba, quintali di Versace, Valentino e scarpe pitonate, mentre scomodamente spaparanzato in poltrona indossavi il pigiama slabbrato di sempre, con le chiazze di sugo che non andavano più via? Locutorium, poi, connetteva tra loro i vari Ludovideo, cosicché era possibile parlare con gli amici ed incontrare persone senza uscire di casa.
I luoghi esterni perdevano di utilità, nei parchi nessuno correva, attività produttive fallivano, la gente a cui non rimaneva nulla agonizzava sul ciglio delle strade deserte. La Bxxxxxx riprese le sue speculazioni edilizie, palazzoni spuntavano dappertutto colmando i vuoti, nascondendo le vergogne.
Al riparo della casa, il Ludovideo a tutto forniva un'alternativa. Nelle città cibernetiche non esistevano barboni, mendicanti, operai, poveri... li avevamo tutti eliminati con uno dei primi giochi che uscirono, Orbe Mundo; si era tutti egualmente ricchi e potenti, si viveva in pace (dopo Orbe Mundo, in alcun gioco fu previsto l'uso di armi) e senza autorità (la categoria dei politici non c'era); non pioveva mai e ogni giorno si andava in spiaggia, tranne il giorno di Natale, quando puntualmente a mezzanotte iniziava una flebile e calda nevicata.
Tuttavia, in questo mondo incantato vi erano delle crepe, degli ancoraggi che trattenevano i cittadini, cose infime e sgradevoli che il sogno non riusciva a cancellare e che facevano disprezzare ancor di più la vita reale: a pisciare e cacare si continuava ad andare nel cesso, non si trovava ancora il modo di eliminare il puzzo; le pompe funebri erano l'unica attività commerciale rimasta, oltre alla Bxxxxxx; le malattie proliferavano come sempre. Si era creato un forte scompenso tra finzione e realtà, per il quale la prima non poteva più essere sostenuta dalla seconda. Gli analisti tornarono ad alzare la voce, questa volta con presagi molto più funesti: la disoccupazione sgorgava a fiotti, non si trovava lavoro se non negli insediamenti della Bxxxxx, che arrivò a contare più di 3 milioni di dipendenti; di tutti i caseggiati costruiti, solo pochissimi trovavano acquirenti; il Ludovideo smise di essere comprato con la saturazione del mercato; le famiglie non riuscivano più a comprarsi le barrette per giocare a Taberna. La forte sperequazione della ricchezza era diventata un cappio, ora l'economia s'andava bloccando: seppur con grosse liquidità, ma con un'economia morta, anche i Colonnelli e la stessa famiglia Bxxxxxx sarebbero incorsi nei problemi. Le loro manovre economiche s'erano rivelate tutte sbagliate, si stava andando incon-tro al collasso.
Col fiatone gli analisti riportarono questo bollettino catastrofico. Non era più un problema eludibile. E sia i Colonnelli che i Bxxxxxx lo sapevano benissimo.
Esistono padri che scappano via di casa, che lasciano al loro destino la prole. S'inventano una scusa ed escono per sempre da quella porta - le classiche sigarette -, i loro figli non li vedranno mai più. Chiamatela come volete: vigliaccheria, irresponsabilità, mancanza d'amore, spregiudicata insensibilità, e poco importa se entra in rotta di collisione con i precedenti discorsi, con le antiche politiche. Nella necessità non esiste coerenza.
La barca stava affondando ed i Colonnelli con tutti gli esponenti della famiglia Bxxxxxxxx si prodigarono ad occupare tutte le scialuppe di salvataggio a disposizione per la fuga. Emigrarono via con tutte le loro ricchezze incommensurabili, lasciando i cittadini in un sogno ch'era divenuto incubo: si moriva di fame, il commercio era stato annullato, l'agricoltura e la pastorizia avevano lasciato lo spazio per la costruzione selvaggia di casermoni.
Quella nazione era diventata un enorme cimitero. Solo rame, plastica e cemento. Prima o poi tutti avrebbero staccato lo sguardo dallo schermo, anche i più obnubilati, e si sarebbero accorti dell'infima fine che li aspettava.
Ed in vero tutti ci destammo. E grande sorpresa e disperazione furono al nostro risveglio, ah com'eravamo stati sciocchi, che infame frode avevamo subito! Pochi fummo a provare un forte senso di colpa, poiché coscienti delle nostre responsabilità in quanto cittadini; ma non tutti ebbero la sensibilità di percepirlo, e si disperavano versando copiose lacrime di coccodrillo. Seguirono suicidi solitari, o di intere famiglie: si facevano carnefici di loro stessi, il terrore dell'assenza di futuro mieteva così le sue vittime. Qualcuno riuscì a scappare, molto pochi a sopravvivere.